Decamerone, amori e sghignazzi - Teatro

Offre fotografie dei posti, raccoglie webcam e informazioni, segnala sagre feste ed eventi regionali

Decamerone, amori e sghignazzi - Teatro
Agliana (PT), Toscana, Italia
dal 09/01/2010 al 09/01/2010
tel:0574.673887 - cel:377.25.28.546 - info@teatrocinemamoderno.it - biglietteria@teatrocinemamoderno.it

www.teatrocinemamoderno.it
Cartina, mappa e stradario del Comune di Agliana (PT)

sabato 09 gennaio
Arca Azzurra Teatro
DECAMERONE. AMORI E SGHIGNAZZI

uno spettacolo scritto e diretto da Ugo Chiti
da quattro novelle del Decameron di Giovanni Boccaccio
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Teresa Fallai, Alessio Venturini

Costumi Giuliana Colzi
Luci Marco Messeri
Musica originale e adattamento Vanni Cassori e Jonathan Chiti
Oggetti di scena Lucia Socci

PRESENTAZIONE
Il rapporto con i classici è uno dei grandi temi culturali di ogni epoca. Considerati spesso soltanto un pesante fardello, lasciati a prendere polvere nelle biblioteche, amati da pochi, segretamente odiati dai più, memori di lezioni noiose, di interrogazioni nozionistiche, di nottate passate dietro ai riassuntini del Bignami.
Poi accade che migliaia di persone affollano i luoghi dove qualcuno si prende la briga di leggere Dante, o l’Ariosto, o il Tasso con amore e passione, dove si rispettano i loro tempi, si spiegano semplicemente i personaggi, si tratteggiano con sapienza attoriale anche i passaggi più impervi di ciascuna opera.
Poi accade che qualche contemporaneo si diverte a riscrivere parti di questi classici, a parafrasarli, a portare il loro linguaggio su un piano più quotidiano e ancora il risultato appare sorprendente, la risposta del pubblico è attenta, partecipe e la riscoperta è ancora più completa, la curiosità di ritornare all’originale più pressante.

Gli sghignazzi delle beffe, i travestimenti, le doppiezze divertite al limite dell’iconoclastia, gli amori assoluti, i sacrifici estremi, la tragicità solenne degli innamoramenti contrastati o negati diventano materia drammaturgia e gioco squisitamente teatrale.
Tutti, uomini e donne, in quella grandiosa commedia umana che è il Decamerone, si muovono passando dal comico al tragico con lussureggiante invettiva. Uomini e donne colti in un perenne movimento che è equilibrio e balletto, rappresentazione reale e metaforica della vita osservata con occhio sarcastico e dolente assieme.
Prosegue il viaggio di Ugo Chiti nelle novelle di Giovanni Boccaccio: dopo Decameron-Variazioni, Amori e sghignazzi percorre con maggiore leggerezza le pagine del grande autore, celebrandone i repentini passaggi dal comico al tragico, dal satirico al filosofico. Nella grande commedia umana, tre grandi forze si confrontano, governando le sorti del mondo: Fortuna, Ingegno, Amore. Chiti isola quindi quattro novelle dove beffe, travestimenti, doppiezze, amori assoluti, sacrifici estremi diventano materia drammaturgica e gioco squisitamente teatrale. Quattro i protagonisti delle novelle che compongono l’ossatura di questo lavoro: Masetto, che “si fa mutolo e diviene ortolano in un monastero di donne”; Alatiel, oggetto sessuale che rielabora l’esperienza per sopravvivere in un mondo dominato da uomini; Alibech, proiezione onirica di Masetto al femminile; Isabetta, vittima innocente di un ordine sociale spietato che le nega l’amore.

APPROFONDIMENTI
È a questo secondo filone che appartiene lo spettacolo di Ugo Chiti. Quattro novelle scelte con il criterio semplicissimo del grandissimo amore del drammaturgo fiorentino per l’opera di Boccaccio. Tre novelle dichiaratamente comiche, nelle quali non mancano però forti riferimenti tutt’altro che ridanciani e non si rinuncia ad affrontare problemi ancor oggi di stretta attualità quali il rapporto tra fede, individuo e società, i difficili rapporti tra generazioni, e una novella “drammatica”, quella famosissima di Lisabetta e del vaso di basilico, anch’essa trattata con piglio tutt’altro che monocorde, con i personaggi che disegnano ciascuno una storia propria che nell’originale era appena accennata e che la necessità della compiutezza dell’impianto drammaturgico ha tratteggiato con grande ricchezza di particolari.

“Decamerone, amori e sghignazzi” è quindi uno spettacolo divertente e coinvolgente, nel quale i temi anche scabrosi, tipicamente “boccacceschi” di tre delle quattro novelle sono trattati con grande forza e insieme con grande pudore, senza mai cadere nella benché minima volgarità, ma dove non si rinuncia mai alla forza del testo di riferimento, dove non si annacquano né si falsano le situazioni.

La parte di drammaturgia originale è comunque ricca e può servire egregiamente a impostare un qualsiasi discorso sul rapporto tra noi e i classici, sulla nostra capacità di comprenderli, su come ancora possano influenzare le nostre vite, le nostre scelte culturali.

Prima scena. La novella di Masetto “galletto” nel monastero apre il lavoro e serve a Chiti come vero e proprio contenitore delle altre novelle. L’espediente consente all’autore di garantire una continuità narrativa a tutto lo spettacolo evitando l’andamento ad episodi che perfino nell’opera originale è in qualche modo evitato dalle descrizioni dei giovani “novellatori”. Masetto fingendosi muto si propone come sostituto del vecchio contadino ammalato nella cura dell’orto del monastero. Una buffa Badessa barbuta, dopo aver raccontato la sua storia miracolosa, accetta i suoi servigi e due monachelle del convento cadono in tentazione attratte dalla giovane età di Masetto. Per dissipare i sensi di colpa della più devota delle due, l’altra gli racconta la novella di Alatiel.

Seconda scena. La bellissima figlia del re di Babilonia viene mandata sposa al re del Garbo, ma dopo aver fatto naufragio inizia una vera e propria tragicomica odissea che, a causa della sua bellezza, la fa preda di tutti gli uomini che in qualche modo entrano in contatto con lei. Quando finalmente dopo innumerevoli peripezie Alatiel riesce a tornare dal padre questi gli annuncia che andrà comunque sposa al re del Garbo e che le sue “avventure” saranno fisicamente cancellate dall’intervento di una strana cucitrice.

Terza scena. Ancora il monastero, ancora le due monachelle che si dilettano con Masetto. Ma ecco entrare in scena una terza monaca che scoperta la tresca si sostituisce alle altre due, “prendendosi con questi piacere”. Il giovane contadino spossato sogna di Alibech e delle sue avventure nel deserto.

Quarta scena. Alibech, ingenua quattordicenne, vaga nel deserto chiedendo agli eremiti che lo abitano in cerca di penitenza, di astinenze, lontano dalle tentazioni della carne, di essere fatta cristiana e di servire il vero Signore. Dopo una serie di rifiuti da parte di alcuni “romiti” spaventati dalla tentazione da lei rappresentata incontra finalmente Rustico che accetta la sua presenza proprio come prova ultima della sua incorruttibilità. La resistenza di Rustico non dura a lungo e Alibech tratta in inganno dal romito accetta di aprire il suo “inferno” al “diavolo” di Rustico. Il finale della scena vede una Alibech vogliosa ridurre al lumicino l’eremita spossato dalla sua passione.

Quinta scena. Il risveglio di Masetto “che sente nel corpo tutta la stanchezza di Rustico” coincide con l’arrivo di una nuova monaca che dopo avergli portato il pranzo si raccoglie in una tristezza piena di sospiri per una sua infelice storia d’amore. Mentre Masetto consuma il suo pranzo la monaca inizia il racconto della novella di Lisabetta e del suo dramma d’amore.

Sesta scena. Lisabetta e i suoi tre rozzi fratelli vivono in un mulino accuditi da una specie di matrigna, una figura di donna forte che cerca di tenere a bada la violenza dei fratelli e il loro morboso attaccamento verso la bellissima sorella. Il suo amore per Morellino, una sorta di lavorante che parla una strana lingua piena di echi e di esotismi è completamente ricambiato. Quando i fratelli scoprono i due addormentati dopo una notte d’amore uccidono il ragazzo. Lisabetta avvertita in sogno dal fantasma di Morellino, seppellisce il corpo dell’amato, nascondendo la sua testa in un vaso di basilico sul quale si consuma di lacrime. I fratelli scoprono il fatto e privano Lisabetta anche di questa consolazione.

Settima scena. La monachella triste racconta tra i sospiri a Masetto il tragico finale della novella con la morte di Lisabetta. Il giovane contadino cerca con una carezza di consolare la ragazza e questa scioglie il suo dispiacere tra le braccia del finto muto Masetto.

Ottava scena. La Badessa visto Masetto addormentato nel giardino cade nello “medesimo appetito che erano cadute le sue monachelle”, ma al rifiuto dello spossato contadino che per la prima volta scioglie l’inganno e parla, risolve la situazione annunciando l’avvenuto miracolo della ritrovata parola da parte di Masetto. Il finale vede il giubilo di tutto il monastero trasformarsi in una cupa scena di caccia che prefigura una punizione di Masetto o solo un suo nuovo sogno.

www.arca-azzurra.it

Teatro Cinema Moderno di Agliana (PT)